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{Wednesday, December 22, 2004}

 
Sono nato in un piccolo paesino di campagna, dove ho trascorso la parte più bella della mia esistenza, e ci sono rimasto anche negli anni successivi, e cioè quando ho cominciato a frequentare l’asilo.
Questo per dirvi che conosco il modo subdolo ma non per questo meno evidente e goffo delle persone di intavolare un discorso generico e poi fare con finta e per niente disinvolta indifferenza domande personali su questioni di cui in realtà si sono già occupate, e di cui hanno già la risposta, avendo precedentemente sprecato il loro evidentemente non prezioso tempo in faccende a loro estranee. Ho constatato poi che in realtà il comportamento si ritrova pure nella popolazione urbana, seppure in percentuale minore. I motivi sono diversi, e la cosa non mi riguarda. Quello che mi riguarda è il modo in cui io reagisco a questa scenetta. Mi piace di più - molto di più – (assolutamente di più) la spontanea, tra conoscenti o anche amici, con un’accezione qui non del tutto appropriata del termine amici, e diretta interlocuzione. Non c’è niente di male a far questo, ma fingere e girarci intorno, far finta di arrivare a sapere qualcosa da qualcuno per poter metterci bocca, o per questa inconcludente voglia di giudicare, senza però volersi rivelare per comari pettegole, chè è solo di questo che stiamo parlando, anzi, che sto parlando, uff che palle, che comportamento odioso…
Trentanove anni fa mi sono trovato in casa di una di queste persone, pensando di essere stato invitato a cena da un amico, e invece ero stato invitato a un interrogatorio, e alla terza domanda consecutiva, quando invece di un piatto in tavola mi sono trovato una lampada puntata addosso, mi sono dispiaciuto col mio amico di non aver portato con me il libretto con i miei appunti personali, avrebbe potuto essermi di aiuto ed evitarmi il rischio di dimenticarmi di qualche fatto importante che riguardava me o qualcuno della mia famiglia di cui lui doveva assolutamente essere al corrente. Un paio di sorrisi poco sorrisi, il mio e il suo, alquanto diversi e per la forma e per i sentimenti che li avevano espressi.
Il mio babbo natale quest’anno doveva avere una maglia a strisce e doveva arrivare già prima del venticinque di dicembre, un paio di raccomandate con ricevuta di ritorno ma nessuna risposta. Sprecherò i soldi di un’altra raccomandata per esprimergli i miei mutati sentimenti verso la sua generosissima e onorevolissima persona.
Trentanove anni fa stavo uscendo da casa di un amico, che mi aveva invitato per cena, e salutandomi mi raccomandava di non sparire di farmi sentire di chiamarlo ogni tanto. “vedi – gli ho detto – è che a casa mia io ci sto tanto bene, ci sto proprio bene, e quando esco e incontro persone, beh, mi confermo nell’idea che a casa mia ci sto davvero bene…”

posted by Umbe 4:53 PM *** |


{Thursday, December 16, 2004}

 
-cos'è 'sta lagna? - chiede mia madre, riferendosi alla melodia dei clannad, nel lettore cd da neanche quindici secondi, mentre in auto torniamo da qualche posto - non puoi rimettere la musica allegra di prima? dice riferendosi alle barbe dei dubliners, e allora, donna - dico io - ho la musica giusta per te senti questa, e ci schiaffo su il vecchio Cash, e in omaggio natalizio comincio anche a raccontarle la tenera storia d'amore tra lui e la Carter, terminata su questa valle di lacrime con un finale degno della storia, e lei apprezza.
la musica, perchè la storia non ha voluta sentirla.
però la musica si, le è piaciuta.

posted by Umbe 6:14 PM *** |

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