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{Wednesday, September 27, 2006}

 
La maestra era entrata in classe in anticipo, quel sabato, cinque minuti prima che la campana richiamasse gli alunni al silenzio della lezione. Sembrava serena. Sobria ed elegante nei modi, come sempre del resto, aveva i capelli soffici e morbidi di una chioma appena lavata e asciugata e pettinata con cura, e poggiavano - i capelli - sulle spalle cadendo gioiosamente mossi e sparsi lì e sul collo aperto della camicia e sul maglioncino nuovo aperto sul seno. Un’aria di freschezza, di pulito e di bello l’avvolgeva e la sosteneva e la illuminava sulla sedia. Kate la trovava bella davvero. Appena suonò la campana, prese qualcosa nella mano sinistra chiudendola poi a pugno, si alzò e scrisse decisa sulla lavagna: “Tema: La vuoi la mia oliva?” e immediatamente dopo aver poggiato il gessetto per scrivere aprì la mano e tenendola tra l’indice e il pollice indicò alla classe un’oliva, poi prese un cesto pieno di olive e camminando tra i banchi le porse ai suoi ragazzi, subito invitandoli a non mangiarle. Kate afferrò incerta la sua oliva, non capiva. Guardava la maestra, poi l’oliva, poi rialzava gli occhi, poi di nuovo li abbassava. A Kate piaceva quella donna, anzi la adorava, e pensava che da grande avrebbe voluto essere esattamente come lei, parlare come lei, muoversi come lei, cercare di assomigliarle, anche, e il fatto che spesso non la capisse o non capisse il senso di quello che faceva o non capisse il perché di un tema sull’oliva e dal titolo così strano, poi, beh, questo lo trovava ancora più intrigante. A volte chiudeva gli occhi nella sua cameretta e la pensava, e la immaginava, e si immaginava cose che nemmeno alla sua amica Lily poteva confidare.
Era verde, la sua oliva, e grande. E calda, calda del calore della mano della maestra, ché a lei, segno indiscusso di un legame che anche il destino voleva privilegiato, proprio a lei era toccata l’oliva che era stata stretta in quella forte calda mano. Avrebbe voluto alzarsi e correre ad abbracciarla, stringerla forte e poi forse anche baciarla. Si limitò a chiedere, pur con irrefrenato entusiasmo: “Scusi, signora maestra, di quale oliva sta parlando?” e la maestra rispose semplicemente “Dell’oliva da spritz. Forza, ragazzi, osservatela e poi scrivete qualsiasi cosa vi passi per la mente guardandola”. Kate non sapeva che cosa scrivere, teneva fra le mani la sua preziosa oliva - il suo magnifico trofeo, graditissimo premio - la annusava, la poggiava, la riprendeva, la rigirava, però niente la convinceva dei suoi pensieri, niente che fosse degno di essere scritto in un tema così importante. Chiuse gli occhi, e lasciò che i pensieri arrivassero da soli, senza forzature... “Kate! Kate! - la richiamò la maestra - allora, la vuoi la mia oliva? Su, dai, mettiti al lavoro”, ma a Kate quello non sembrò un richiamo al lavoro, le parve piuttosto e se lo portò nell’intimo come un sussurrato, caldo, sudato, odoroso complice invito a prendersi la sua oliva, l’oliva che la maestra le aveva dato, anzi - di più - l’oliva della maestra. Un dolce bisbiglio soffiato delicatamente all’orecchio, un leggero e sincero alito caldo di indelicata passione, solo questo erano nella sua testa quelle parole “Kate, la vuoi la mia oliva”... Certo, le olive già le conosceva, ne aveva mangiate tante e di tanti tipi, ma quella era chiaramente speciale, più buona sicuramente di qualsiasi altra oliva avesse mai assaggiato, aveva qualcosa di indefinibile eppur tangibile invitante piacevolezza, di sugoso piacere immediatamente palpabile ai sensi, perfino al senso del gusto non ancora gustato, un invito al peccato di gola. Pensò di metterla in bocca, per vedere se diverse non ancora provate sensazioni le avrebbero dato uno spunto per scrivere, o per immaginare, forse, immaginare immagini forti e belle. Decise di metterla in bocca, e di lì tenerla a lungo, e poi infine succhiare quella goccia di succo spremuto dai denti e ancora arrivare al nocciolo e tra i denti stringerlo e...

posted by Umbe 12:00 PM *** |

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